Attraverso la rivisitazione delle Fiabe, corridoi privilegiati attraverso cui il Femminile fa sentire la sua voce, e i personaggi delle stesse (Biancaneve, Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Sheherazade) la Donna offre il suo sguardo ora ironico ora malinconico ora tenero verso il mondo meccanico, logico e razionale attribuito al maschile. La capacità di affabulare e meravigliare: ecco che il racconto si fa specchio di qualunque gioco umano, anche il più crudele, e l’immaginazione ne trae redenzione. Siamo tutti prigionieri di archetipi poco lungimiranti, oppure non siamo più in grado di ascoltare i suggerimenti nascosti nel mito?
Il Tempo, la violenza, la paura, la sofferenza hanno bisogno del femminile per stemperarsi in un gioco garbato, nell’attesa che l’Uomo si emancipi da una visione che estrania Terra e Donna ponendole in secondo piano, e recuperi la meraviglia e il sogno, per costruire il nuovo paradigma. Afrodite aspetta, con pazienza, che l’uomo abbia il coraggio di usare l’unica chiave per la felicità.